BREVE STORIA DI DOLEGNA DEL COLLIO

Dolegna del Collio è il Comune posto all'estremo settentrione della Provincia di Gorizia.
E' una lunga fascia di valli e colli che si estendono a nord del Comune di Cormons tra la Provincia di Udine e la Slovenia.

L'intero comune conta oggi meno di cinquecento abitanti. Posta in zona collinare, sulle quali si sono sviluppate attività prevalentemente agricole, Dolegna e' rinomata sia per la produzione di vini che per le specialità gastronomiche insieme alla bellezza dei suoi borghi con la natura rigogliosa che li inonda.
Benche' abbia una scarsa popolazione, Dolegna del Collio e' un Comune indipendente.

Il suo territorio copre poco meno di 13 kmq ed e' formato da molte piccole frazioni o borghi.

Il Municipio si trova nella piazza principale del Paese.


Interessanti sono le Chiese ubicate nelle varie frazioni di cui la più importante è la Chiesa parrocchiale di S. Giuseppe situata nella piazza di Dolegna.
Non si conosce l’anno di edificazione della Chiesa originaria, si sa però che nel Settecento esisteva in forma di piccola cappella.

Ridotta in pessime condizioni, proprio quando ci si apprestava al restauro scoppiò la prima guerra mondiale e l’edificio venne prima occupato dalle truppe italiane per poi servire da prigione quando a Dolegna venne instaurato il Tribunale Militare.
Per le funzione religiose e su pressante richiesta dei fedeli venne intanto costruita una chiesa-baracca provvisoria.

Dopo la guerra si stabilì di sostituire la vecchia costruzione con una nuova: nel giugno del 1927 l'edificio fu diruto in soli due giorni (e con la vecchia chiesa andarono distrutte le decorazioni di Giacomo Meneghini, il popolare "Jacun pitôr", unico degli artisti naïf del Friuli vissuto tra Otto e Novecento) e subito dopo fu costruito il nuovo su progetto donato dall’architetto Silvano Baresi: un edificio ad aula, con facciata estremamente semplice che venne solennemente consacrato il 23 ottobre 1927 dal Principe Arcivescovo Mons. Francesco Borgia Sedej. L'interno della chiesa è stato successivamente decorato da Tiburzio Donadon (1940), arricchito con stendardi e via Crucis di Delneri (ca. 1930) e con statue lignee valgardenesi, l'antico campanile venne conservato com'era.

Nella frazione di Mernico c’è la Chiesetta cinquecentesca dedicata a Sant'Elena, così come quella votiva dedicata a S. Giacomo a Lonzano.

Infine nella chiesa di San Leonardo a Scriò sopravvive una popolaresca serie di dipinti di "Jacun pitôr".

Dolegna antica

Dei primi abitanti del territorio di Dolegna ne sappiamo molto poco per la mancanza di cronache storiche, si possono formulare solo ipotesi più o meno accreditate in base a tracce toponomastiche o sporadici rinvenimenti di reperti. Il professor Eraldo Sgubin, in una pubblicazione della Società Filologica Friulana del 1986, accenna a frammenti litici e ceramici trovati un po’ ovunque nella zona del Collio a testimonianza della presenza dell’uomo neolitico.

Nella Guida del Friuli edita dalla Società Alpina Friulana nel 1930, Gualtiero Benardelli nella sua descrizione degli itinerari del Collio a proposito del maniero di Trussio accenna che “…presso il castello ci sono degli avanzi di un antico castelliere probabilmente illirico e poi romano (Castrum Drusum, Drussum, Plarussium, de Trussio, simile benchè assai meno ben conservato (n.d.r. al tempo della descrizione) a quello del monte Quarin di Cormòns…”. Fossero confermate le ipotesi illirica o dell’antica civiltà dei castellieri andrebbe riferita a secoli avanti Cristo la prova della residenza stabile umana in questi luoghi.

Altro indizio sulle culture antiche può presumersi dal nome del torrente Quarnizza (friulano Curnìz, sloveno Koren) che segna il confine con la Slovenia ad est di Scriò. Pier Silverio Leicht nella sua “Breve storia del friuli”, pag. 26, definisce le tracce toponomastiche derivanti dalla radice “kar” (corno oppure luogo sassoso) certamente di origini celtiche e presenti sia nello stesso nome della Carnia che delle regioni contermini di Carniola (Kranjica) e Carinzia (Kärnten) ad indicare la loro morfologia montuosa, ed inoltre nel monte Krn (in italiano maldestramente tradotto come “Monte Nero” per una confusione con “Črn”, nero), nel nome di Cormòns (da Karmon) e del monte Quarin che lo sovrasta.

Analizzando il nome del solo capoluogo parrebbe invece che le prime permanenze stabili e di una certa consistenza nel luogo siano di origine slava, dato che Dolegna (Dolenje) deriva dalla radice slava “dol” (basso) e quindi la denominazione quale “sito in basso” poteva esprimersi solo da chi sia giunto da un luogo "in alto", da sopra o aldilà delle colline circostanti. E tali origini, confermate nella maggior parte della toponomastica del territorio, stanno a indicare che gli insediamenti di cultura slava, anche se forse non i primi, sono stati senz’altro quelli dal maggior impatto antropologico.

La presenza romana è stata comunque storicamente confermata da ritrovamenti, sia nel capoluogo nei pressi della strada per Mernico che nelle vicinanze della frazione di Vencò, sotto forma di frammenti di lapidi, embrici, coppi, mattoni, vasi ed anfore. Va però posta distinzione tra una semplice presenza di presidio, funzionale ad esigenze militari o di controllo del territorio, e l’insediamento antropologico stabile, che porta alla determinazione di una identità popolare nel territorio.

Nell’anno 169, periodo imperiale, l’invasione dei Quadi e dei Marcomanni che arrivarono ad assediare Aquileia fece comprendere come le Alpi potessero essere valicate dai barbari e, per prevenire nuovi pericoli da invasioni, venne rivisto il sistema difensivo di valli e di castelli che dalla città si stendeva attraverso il Carso fino alle Alpi (Leicht, Guida del Friuli, 1930). Probabilmente in questo periodo il Collio vide aggiunte o ristrutturazioni di strutture difensive che furono poi le fondamenta dei successivi castelli medievali giunti fino ad oggi o di cui se ne ha il ricordo storico.

Il medioevo fu un periodo caotico per il Collio come, del resto, per l’intero Friuli: incursioni barbariche devastanti (Unni, Avari, Ungari, ecc.), insediamenti più o meno pacifici di popoli interi (Longobardi, Slavi) e soprattutto violente contese di sovranità sul territorio. Le liti secolari tra i conti di Gorizia e il Patriarcato di Aquileia ne sono il maggiore esempio ceduto poi in eredità con le guerre tra la Serenissima repubblica di Venezia e la monarchia Asburgica d’Austria.

Gli appunti storici di questo periodo si fanno sempre più dettagliati man mano che ci si avvicina al passato più recente, in questa sede saranno riportate solamente le cronache che hanno riguardato direttamente il territorio di Dolegna del Collio:

• Nel 1257 il castello di Trussio venne conquistato da Mainardo di Gorizia a Gislardo di Fratta, incendiato e ricostruito nello stesso anno “poco distante dal precedente”.

• Il Patriarca Gregorio di Montelongo, nominato nel 1252 e morto nel 1269, mette in vendita la Torre di Ruttars ricadente entro il fortilizio cintato, posto sulla cima del colle.

• Nel 1279 il castello fu infeudato ai signori di Spilimbergo, poi agli Zuccola e quindi ai signori di Trussio.

• Nel 1289 viene citata per la prima volta la località Ruttàrs: "villam que dicitur Rutars", che sembrerebbe derivare, secondo Di Prampero e Frau, dallo sloveno “rutar” che significa colono o fattore. (aneddoto su Ruttars e documento)

• Nelle segrete del Castello di Trussio, nel 1385, furono incarcerati dei villici ribelli contro il Patriarca.

• Nel 1431 le truppe ungheresi, che marciavano verso Venezia, occuparono Dolegna.

• Tra il 1492 ed il 1498 Lorenzo da Mernìco (Laurentius vicario di Mirnik) redige il "Manoscritto di Castelmonte (Starogorski rokopis in sloveno)", uno dei più antichi documenti fino a noi pervenuti scritto in lingua slovena.

• Nel 1511, durante la guerra tra Venezia e l’Impero, il castello di Trussio venne in gran parte distrutto. Rimasero in piedi le due torri e le possenti mura, che ancora oggi si possono vedere. Vennero poi edificati altri edifici sulle rovine.

• Nel 1584 si cita che l’arcidiacono di Gorizia mandasse annualmente al Patriarca di Aquileia varie botticelle di Ribolla: le viti del Collio ed il loro prodotto tipico erano già allora apprezzate sia nella Vienna degli Asburgo che in tutto il resto dell’Europa: dall’Imperatore Carlo V, alla Serenissima repubblica di Venezia fino allo Zar di Russia.

• Nel 1681 un contadino dei colli di Dolegna muore a causa della peste che in quell’anno infuriava in Germania e Ungheria. L’anno successivo si diffonderà nel goriziano.

• Nel 1792 nasce a Lonzano, in casa Frisacco, Pietro Zorutti, considerato uno dei più importanti poeti in lingua friulana.

• Subentrarono ai Trussio, estinti, nuovamente i nobili Spilimbergo, che possedettero il castello fino al 1869.

• Nel 1871 viene costruita a Dolegna la canonica, che pochi anni dopo diventerà anche sede del Municipio.

• Nel 1894 Giacomo Tuzzi rileva a Dolegna del Collio in località Trussio un molino a tre palmenti e vi inizia l’attività di macinazione per conto terzi; in seguito, nel 1905, acquista anche lo stabile risalente al XIII secolo: è l’ultimo mulino superstite tuttora in attività delle decine un tempo esistenti lungo il torrente Judrio.

Il Collio e Dolegna

Prima dì essere stato confine fra il Regno d’Italia e L’Impero Austro-Ungarico (1866), il Jùdrio (non lo Jùdrio) fu il limite Regno Lombardo-Veneto e la Contea di Gorizia, aveva cioè avuto una funzione di frontiera fra due parti, sia pure distinte, di uno stesso stato.
Il confine stesso rappresentava poi una rettifica (1818) deI termine fra la Repubblica Veneta e l’impero Asburgico. Solo durante il breve periodo Napoleonico (1811-1815) aI Jùdrio si sostituì l’lsonzo, quale confine però fra il Dipartimento di Passariano e le Provincie liliriche.
Il Jùdrio segna ora il confine fra Italia e Slovenia nella parte superiore e le province di Udine e Gorizia in quella inferiore. Ma ciò che e fissato dall’uomo viene ignorato dalla natura, la quale ha profuso imparzialmente la sua bellezza dall’una e dall’altra parte di esso.
Mario Soldati, capitato qualche anno fa da queste parti in uno dei suoi viaggi esplorativi alla ricerca dei vini genuini, trovandosi di fronte al valico confinario di Plessiva con le sue due semplici baracchette, ebbe a dire: «... si tratta dì una delle più belle, delle più poetiche frontiere che io abbia mai visto e che, penso, si possano vedere». Egli alludeva probabilmente all’agreste, disarmante semplicità di quel punto di demarcazione e all’estrema facilità di transito, dati i buoni rapporti tra i due popoli, ma la definizione di «poetiche» da lui usata fa pensare, per associazione di idee, alla grande poesia lirica slovena che ha avuto la sua culla proprio lì vicino: a pochi chilometri infatti si trova Medana, paese natale di Alojz Gradnik, poeta, giurista e traduttore insigne.
La casa in cui visse e creò, situata su un piccolo spiazzo pianeggiante in cima alla collina, (ora trasformata in museo) costituisce un magnifico osservatorio sul Collio, la conca dell’Isonzo e le Alpi lontane.
Parlando del suo «silenzioso e dolce paese natio», oggetto di amare lacrime di nostalgia nei giorni della lontananza, così il poeta lo colloca nel paesaggio circostante:

Su un colle disseminato tra i vigneti
davanti a te nel sole i! mare, il Carso grigio,
la pianura friulana,la striscia dorata dell’Isonzo
e lontano, dietro di te, due giganti

il Tricorno e il Monte Nero, e ancora più lontano le Dolomiti;
così ti vedo ed intorno a te il Collio
e cerco per te parole dolci.


Il Còllio (Còglio, in friulano Cuèi, in sloveno Brda, in tedesco "in den Ecken"), è l’insieme di fertili e ben coltivate colline che si elevano fra Isonzo e Jùdrio nel tratto fra il Corada e il Sabotino-San Valentino a nord, il monte Quarin e le colline di Mossa a sud. Le escursioni sono molto interessanti per la varietà del panorama e le caratteristiche locali, particolarmente piacevoli in primavera, quando i suoi frutteti sono in fiore, od in autunno durante la raccolta delle uve che, insieme alla produzione del vino rinomato, sono le attività tipiche del luogo.

Il territorio del comune di Dolegna del Còllio (kmq. 12.8, ab. 520) è in gran parte coltivato a vigneti e caratterizzato dai bianchi paeselli e castelli sparsi, posti spesso sulle sommità dei colli, posizione che, in alcuni casi, ha favorito in passato insediamenti difensivi dalle vestigia tuttora esistenti.
Non si conosce con esattezza chi furono i primi abitanti di questa zona; i resti prossimi al castello di Trussio evidenzierebbero un insediamento forse della antica civiltà dei castellieri, è poi probabile, vista l’importanza strategica della valle del Judrio, che si siano insediati successivamente Proto-Veneti, Celto-Karni, Romani e, almeno transitoriamente, le varie genti germaniche note come “barbari”.
Stabile è stato invece l’insediamento di popoli di ceppo slavo, visto che la quasi totalità dei toponimi locali è di origine slava, databile al periodo fra il VII ed il IX secolo.

Le successive vicende della zona vanno collegate agli eventi, spesso conflittuali, fra il Patriarcato di Aquileia e la Contea di Gorizia fino a quando (1420) al primo si sostituì la Repubblica di Venezia e la seconda (1500) passò all’amministrazione Austriaca.
La lingua oggi parlata popolarmente è il friulano, ma é conosciuto ed usato anche lo sloveno. Resta tuttavia evidente il fatto che in questa terra rimane l’impronta di tutti i ceppi indoeuropei, celtico, italico, germanico e slavo, riconoscibile nei costumi e nelle tradizioni, specie culinarie. La strada principale, che parte da Brazzano, si insinua tra la base del colle di San Giorgio ed il Jùdrio dando l’apparenza di un gioco a rimpiattino con il tranquillo corso d’acqua: ora lo avvicina ora se ne scosta copiando dolcemente le capricciose ondulazioni del terreno. Questa può a buon diritto chiamarsi strada del vino: snodata continuamente tra una complicata scacchiera di vigneti, conduce in tutti i luoghi in cui ci si può accostare a questo dono del sole e della terra.
In primavera le radure lungo gli argini del fiume e i pendii dei colli sono un rifiorire di primule, di viole e di crochi e dovunque c’è aria di festa, invito alle merende sui prati o agli incontri conviviali nelle trattorie, che qui si trovano un pò dappertutto: nelle sale o nelle adiacenze di antichi castelli, agli angoli delle strade, in cima alle verdi alture.
La popolazione di questo territorio è infatti quasi tutta dedita all’agricoltura, ma c’è chi ha saputo trasferire maestrie antiche ai tempi nuovi dimostrando che luoghi pittoreschi, cucina tradizionale e vini prelibati sono ingredienti vincenti per il buon turismo.

I sapori del Collio

Oggi troviamo infatti una varietà di ristoranti, trattorie, osterie, agriturismo, in cui si può anche ballare romanticamente al suono di orchestrali che sanno indovinare, quasi per magia, le aspettative musicali di chi, dopo un periodo di lavoro o di studio, voglia immergersi in questa deliziosa atmosfera intensa di pietanze saporite e vini di qualità.
I locali tipici aspettano al varco il turista o il semplice buongustaio della domenica per offrirgli succulenti menu di cacciagione con la polenta, di saporiti insaccati, di polli alla diavola o allo spiedo, di risotti coi fegatini abbinati a piatti di "ardilut" o di fresca insalata.
Al suono di musiche discrete e ammiccanti si possono gustare la jota, cioè il minestrone a base di capucci acidi, cotenne di maiale, patate e fagioli, le grigliate miste, le frittate alle erbe, ecc.
Particolarmente tentatori sono inoltre gli gnocchi di susine, di marmellata, di pasta di pane, i piatti di trippe e di asparagi bianchi.
Gli osti sanno consigliare indovinati abbinamenti sia con i celebrati bianchi DOC come il Malvasia, il Pinot bianco, il Pinot grigio, il Riesling, il Sauvignon, che i non meno pregiati rossi: il Merlot, il Cabernet franc ed il Pinot nero, i quali illuminano di scintillii di rubino le bianche tovaglie.
Chi poi vuoi far contenti sia il palato che l’olfatto non ha che da gustare un buon bicchiere di schiopettino o di profumato fragolino.
Il Picolit, il principe dei vini friulani, può dare un tocco di particolare raffinatezza, magari con la complicità di un buon dolce locale come la pinza, la putizza, lo strudel o la gubana, sia asciutta che battezzata anche se gli esperti inorridiscono - con un bicchierino di grappa locale.
Bisogna sempre ricordare come si è detto, che siamo in una terra dove più tradizioni culinarie diverse si confrontano in una salutare gara all’insegna della semplicità e della genuinità per lasciare in tutti gli ospiti un ricordo indelebile del Collio.
Sembra quasi che in questi luoghi aleggino ancora gli antichi echi, ricordi delle impressioni che il viaggiatore e geografo greco Polibio aveva tratto quando veniva ospitato nelle antiche locande celtiche durante le peregrinazioni nelle lande europee: rimaneva meravigliato dalla bontà e dalla ricchezza della cucina e dalla semplice ed ospitale accoglienza, il tutto "per un quarto di obolo".
Valicando il Fedrì, affluente del Jùdrio, si giunge in pochi minuti a Trùssio (Trùs) sovrastata a destra dal castello omonimo, già dei conti di Spilimbergo, presso il quale ci sono i resti di un antico castelliere, probabilmente illirico, (Castrum Drusum, Drussum, Plarussium de Trussio), simile benché assai meno ben conservato a quello del Monte Quarin di Cormòns, che comprova l’antichità degli insediamenti umani nella zona.
Nel, 1289 il patriarca R. Della Torre vendette Trussio e la villa di Ruttàrs a Giovanni di Zùccoìa, famiglia che poi prese anche il nome dei Spilimbergo. Dell’antico castello "in contrata Castri de Trussio" si conserva la torre di sinistra; l’altra è di costruzione recente.
Dal Castello di Trussio si sale a Ruttàrs (Rutârs, Rutarj m. 174), paese composto da un piccolo nucleo di case al vertice del colle con la chiesa dei Santi Vito e Modesto ed il suo campanile che, come quello di San Giorgio di Brazzano, era anticamente una torre di vedetta.
Il gruppo di case prospicenti è costruito sull’area in cui sorgeva un tempo il castello di Ruttars, che molti oggi erroneamente confondono con quello di Trussio; del complesso rimane nelle sembianze originali soltanto la Torre di Marqvardo di Montelongo.
Si può intuire, presupponendo che gli attuali fabbricati del complesso siano costruiti sulla base della rocca, l’imponenza della costruzione originaria.
Oltrepassando il nucleo storico, l’abitato si dirada in una varietà di casolari sparsi da cui dipartono delle vie secondarie: quella principale proseguiva un tempo, oltrepassando l’attuale confine, per Barbàna e Fleàna (Fojana), quella di sinistra, attraversando la località Cràstin (dallo sloveno hrast, quercia), cinge discendendo il colle fino al bivio di Vencò (Vencò, Jenkovo), dove si ricongiunge con la strada provinciale che ha nel frattempo sempre costeggiato il Jùdrio.
In questo punto confluisce il corso della Recca, che raccoglie tutte le acque del versante occidentale del Collio, e la via si divide in due rami.
Quella di destra costeggia la Recca e raggiunge il valico internazionale con la Slovenia dove, poco prima, un’antica casa padronale si frègia dal 1871 dì un nome che è sempre stato garanzia di schietta ospitalità all’insegna di prodotti genuini e vini sopraffini.
Quella di sinistra risale invece il corso del Jùdrio fin quasi alle sorgenti insinuandosi di nuovo brevemente tra l’alveo e la collina e sbucando poi in un vasto pianeggiato.
Si giunge quindi a Lonzano (Lonzàn di Zorùt, Loze), località molto visitata dai friulani poiché ha dato i natali a Pietro Zorutti.
Le poche case che sono nel piano costituiscono Lonzano inferiore (m. 79), quello superiore è in alto su di un poggio per raggiungere il quale, isolato fra i coltivi, si può salire lungo una sinuosa stradina dalla quale si gode una splendida vista della piana di Dolegna.
I due edifici notevoli che si trovano sono la cappella di San Giacomo (m. 144) e la. ex casa della famiglia Zorutti (casa Frisacco) (1) ove nacque e passò l’infanzia il maggior poeta del Friuli.
Una lapide murata su di un lato di quella casa in cima al colle, ricorda che «il 27 dicembre 1792 Pietro Zorutti qui aperse gli occhi alla luce del suo Friuli del quale tutta sentì e ridisse la poesia».

Proprio dalla bellezza di questi luoghi il poeta trasse la sua prima ispirazione poetica e per questo ne provò sempre una grande nostalgia.
Essa traspare in molte delle sue liriche più fresche e più sincere.
Basti citare per tutte un passo di «Primevere e Cividàt» in cui, riferendosi ai colli della terra natia, canta malinconicamente:

E cjaris chés colinis, cjars chei prads
che i’ains de me inocenze àn ralegrads,
quanche une rose, un ucelut, un grì
mi tignivin content dute une dì


Riprendendo la strada provinciale siamo a Dolegna del Còllio (Dolegne dal Cuei, Dolenje v Brdih, m. 88, sede comunale) «sita in basso», come indicato dal toponimo sloveno.
Sino al 1927 era un piccolo comune con kmq. 12,84 e 1400 abitanti, fu in seguito aggregato a Cosbana nel Còllio (oggi Kozbana, in Slovenia) ed esteso così a kmq. 35,06 e 2700 abitanti, ma con l’ultimo conflitto mondiale, ridiviso dal confine odierno.
Nell’ottobre di ogni anno si celebrava un tempo la sagre da rabuèle, in seguito anticipata al mese di luglio, oltre alla tradizionale festa patronale di San Giuseppe (19 marzo).
Prendendo la strada per Scriò (Scariò o Scariù, Skrljevo) e lasciata la provinciale con l’attiguo abitato di Cerò (Cerovo), ci si introduce in un ambiente interamente collinare i cui dolci declivi costituiscono terreno ideale per le pregiate coltivazioni viticole mentre le vaste superfici lasciate a bosco consentono agli appassionati della natura e di mountain-bike di entrare in diretto contatto con la ricca flora locale.
In breve si arriva con facilita al borgo di San Leonardo (indicato dagli autoctoni come "pri Sliči") dal suggestivo nucleo di vecchie case abbarbicate su una collina intorno all’antica chiesetta di San Leonardo (sec. XV) ed a Scriò con le sue rinomate trattorie.
Qui la strada si avvia per un tratto lungo il crinale della collina e continua con un caratteristico fondo in cemento (la strade di zimènt) verso le Cime di Dolegna (Zìmis, Vrh), copiando dolcemente altimetrie ed avvallamenti per poi scendere a ricongiungersi con la strada provinciale a Lonzano, attraversando microscopici abitati dove la tranquillità, tipica di altri tempi ed alienata ormai dal mondo moderno, sembra abbia posto il suo regno perpetuo.
Lasciata Dolegna si arriva a Mernìco (Mernìc, Mirnik, m. 91), con trattorie ed una storica e famosa osteria, sovrastato dalla bella chiesa di Sant’Elena, dove lo studioso di chiese e storia friulana, Giovan Battista Falzari, dimorò per diversi anni.
Da qui si diparte una stradina che sale verso il borghetto di Restòcina (Restòcine, Raztočno), dalle caratteristiche case in pietra.
Da Mernico, verso il Jùdrio, siamo in breve al "ponte dello Schioppettino", limite comunale, svoltando a destra poco prima si giunge invece al valico di seconda categoria ed al villaggio di Collobrida (Golo Brdo m. 110 circa) in Slovenia.
Al di là del Jùdrio la regione si fa più boscosa e prende un aspetto più tipicamente montano.


NOTE (1) "Ne l’an, novantedoi – Mi an fabricat in doi – Soi nasut a Lonzan – In cjase di Frisach" così il poeta.